Mondoperaio
Associazione Riaprire i Navigli


  • 25 aprile 1999 - 1° CONGRESSO REGIONALE LOMBARDO DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI, Milano, Relazione di Roberto BISCARDINI

    Ringrazio le delegazioni dei Partiti che hanno voluto seguire i nostri lavori, ringrazio tutti i presenti, iscritti e non iscritti, ringrazio i compagni del Comitato Regionale provvisorio che mi hanno affiancato dall’Assisi di Fiuggi ad oggi e che, insieme a me, hanno voluto che si tenesse oggi qui a Milano il Primo Congresso dei Socialisti democratici della Lombardia per dare al Partito degli assetti stabili ed un’organizzazione nuova ed efficace.
    Questo congresso è infatti il frutto di una decisione autonoma degli iscritti che giustamente hanno deciso di celebrarlo indipendentemente dal rinvio del Congresso nazionale.
    Questo fatto ci carica di una certa responsabilità
    Infatti il Congresso dei socialisti della Lombardia non può rappresentare soltanto un dato organizzativo
    A parte la modestia, l’importanza, della nostra realtà’ e l’importanza del momento nel quale cade lo rendono inevitabilmente un congresso politico.
    Anzi un congresso fondativo.
    In questi due giorni di lavoro dovremo discutere della nostra organizzazione, insieme ai nostri progetti e ai nostri programmi.
    Lo faremo in modo libero ed aperto come è richiesto ad un partito che mette sul tavolo contemporaneamente tradizioni antiche e nuove aspirazioni.
    Come è richiesto ad un partito che deve avviare una fase nuova alla ricerca di un rapporto positivo con la società.
    In questo Congresso a fianco dei vostri interventi ci saranno infatti quelli di alcune personalità esterne, che abbiamo voluto, a dimostrazione che il dialogo si è riaperto e che ci sono risorse disposte ad interloquire con il nuovo partito dei socialisti.

    1. La struttura dell’attuale Partito
    Il Congresso regionale di oggi è stato preceduto da 11 congressi delle Federazioni Provinciali e da molti Congressi sezionali e territoriali nei quali ho potuto verificare che c’è un partito vivo, capace e preparato, nel quale tra tutti i compagni vi è una straordinaria sintonia politica e una coincidenza di giudizi.
    Questi Congressi hanno eletto insieme ai 280 delegati gli organi dirigenti del Partito a livello locale superando i Coordinamenti provvisori.
    Ancora qualche dato.
    Su 1546 comuni della Lombardia il Partito è presente ormai in tutti i più grandi comuni e disponiamo, oltre che di una sede provinciale in ogni federazione, di almeno 200 sezioni locali. La situazione non è ancora ottimale ma passi avanti si stanno continuamente facendo.

    La Commissione per il Tesseramento ha accertato per il 1998 circa 6000 iscritti ma contiamo con il Tesseramento 1999 già avviato in molte realtà di raddoppiare gli iscritti dello scorso anno.
    Tra questi iscritti abbiamo calcolato che più del 10%, circa 600 iscritti, hanno meno di 30 anni.
    Scoprire che insieme a vecchi socialisti abbiamo conquistato la simpatia di un numero significativo di giovani, è stata una felice scoperta che non pensavamo di fare.

    2. I giovani, un Partito giovane.
    Anche per questa ragion, sovvertendo le vecchie regole, vorrei iniziare questa relazione parlando dell’organizzazione del Partito ed in particolare della presenza dei giovani.
    Vi chiedo di dedicare questo congresso a loro facendo tutti insieme uno sforzo affinché’ possano entrare al più presto, a pieno titolo, nelle strutture del Partito.
    Chi ha lavorato in questi anni per organizzare una forza socialista, giorno dopo giorno, lo ha fatto sperando di avere tra di noi anche loro.
    Quante volte abbiamo auspicato che i giovani potessero avvicinarsi al Partito?
    Adesso che in parte lo hanno fatto, dobbiamo saper dargli spazio affinché insieme ai meno giovani possano costruire un grande partito.
    D’altra parte una cosa è certa: il nostro futuro avrà gambe se sapremo sfruttare questa straordinaria potenzialità e se sapremo, trasformare in breve tempo questi giovani in nuovi quadri ed in nuovi dirigenti.
    E’ un compito affascinate ed entusiasmante, al quale siamo chiamati tutti, ma soprattutto i compagni che hanno più esperienza e che, per la loro militanza, saranno in grado di farlo con lungimiranza e generosità.
    L’attenzione ai giovani ha ancora più senso se si considera che oggi, nel nostro Paese, le giovani generazione in generale, sembrano essere meno attente ad una forza riformista e riformatrice come la nostra, anche perché di solito non si sta con i partiti piccoli.
    La maggioranza di loro è stata finora attratta soprattutto dalle formazioni di destra, di centro destra o di estrema sinistra. Mentre la sinistra ed in particolare la sinistra moderata aveva perso tra di loro ogni appeal.
    Mi sono dilungato perché si sono avvicinati a noi, ed alcuni di loro mi hanno dato una risposta chiara:
    si riconoscono nella storia del socialismo e nella nostra capacità di viverla con coerenza, riconoscono nei socialisti i difensori dei valori della libertà e della democrazia.
    Si sono avvicinati per una ragione, in qualche modo culturale, e ciò vale al dii sopra di ogni opzione.
    Adesso dobbiamo cercare di recuperare al nostro lavoro una parte di quei giovani che si erano formati nel PSI e che non hanno avuto il tempo di divenire grandi nel partito. Molti di loro sono stati attratti, e cercati, da altre formazioni politiche, altri rappresentavano quel rampantismo che noi rifuggiamo, ma tanti altri costituiscono per noi un patrimonio unico, una risorsa potenziale superiore a quella di tanti altri partiti.
    A fronte di quelli che hanno conosciuto il PSI, e sanno cosa è stato, ce ne sono altri, i più giovani, che sono del tutto estranei alla politica e anche alla politica dei socialisti.
    I diciottenni che il 13 giugno andranno a votare per la prima volta, nel 1993 avevano solo 12 anni. A loro, come ai ventenni dobbiamo rivolgerci per quello che siamo, riportando la verità rispetto alle cose che sanno di noi attraverso le false ricostruzioni della stampa.

    3. Le nostre radici.
    Ai giovani dobbiamo far conoscere la nostra storia, la nostra memoria e quanto siano solide nel terreno le nostre radici.

    Care compagne e cari compagni
    Oggi, senza alcuna retorica, al momento della nostra rinascita, della rinascita del Partito Socialista e della componente riformista democratica e liberale della Sinistra, è con un certo orgoglio che possiamo da Milano riscoprire le ragioni della nostra volontà.
    Esattamente cento anni fa il 1899 a Milano per i socialisti fu l’anno della ripresa, dopo i tentativi del 1898 di stroncare il movimento dei lavoratori, di contrastare la nascita delle camere del lavoro socialiste e di distruggere l’organizzazione del partito.
    Fu l’anno delle elezioni e i socialisti, insieme ai radicali e ai repubblicani, conquistarono 32 seggi su 40 al consiglio comunale, fu eletto il primo sindaco popolare, fu sconfitta la destra e fu l’inizio di tanti successi del socialismo riformista.
    Come sostenne allora Ivanoe Bonomi, nel 1899 era cominciata la conquista socialista parziale o totale dei municipi e Turati, dopo i fatti del ‘98, veniva rieletto in Parlamento.
    La cultura del socialismo diventò da allora un tutt’uno con la cultura dei milanesi e dei lombardi, tanto da identificarsi.
    Quella cultura rappresentò il popolo e il popolo per molti anni chiese ai Socialisti di rappresentarli nelle istituzioni.
    Noi non siamo figli di tangentopoli, noi non rinasciamo per reagire alle malefatte del Pool di Mani Pulite, anche se qualche buona ragione ce l’avremmo.
    Noi siamo figli di quella storia gloriosa che qualcuno certamente voleva distruggere, la storia del Socialismo italiano, figli della storia del movimento operaio, figli dell’antifascismo e su queste basi intendiamo costruire il nuovo partito.

    4. Un Partito nuovo e moderno.
    Il Partito socialista, che dal 1993 abbiamo lavorato per rimettere in piedi, adesso c’è.
    Questo congresso infatti è la prova che i socialisti hanno vinto una prima importante battaglia: quella di aver ricostruito un partito che si chiama “socialista”, nonostante l’opinione pubblica e la stampa ritenesse che nel nostro Paese non vi fossero più le condizioni per l’esistenza di un partito con questo nome.
    Questa convinzione rappresentò per molti socialisti la motivazione per andare a destra o a sinistra, per passare tra le fila di Forza Italia, per avvicinarsi al Pds o per non schierarsi con nessuno andando ad ingrossare il partito del non voto.
    Ora possiamo dirlo ad alta voce: la battaglia che abbiamo vinto non consente più a nessuno di dichiararsi socialista in un altro partito, “socialista in Forza Italia” o “socialista nei DS” o “socialista altrove”.
    Oggi i socialisti possono stare con i socialisti. Una casa c’è, ragione di più per favorire con generosità ed intelligenza la riunione di tutti coloro che ci stanno, pur provenendo da altre esperienze o ritornando alla politica dopo un periodo di astensione.

    Prima di ogni altra cosa abbiamo bisogno di un partito libero, dialettico e pluralistico ma contemporaneamente unito. Abbiamo bisogno di allargare il dibattito interno; non dobbiamo avere assolutamente paura del confronto e che ci siano compagni con idee diverse dalle nostre.
    Non abbiamo assolutamente bisogno di ripristinare vecchi vizi, quando tutti si dichiaravano uniti sulla politica intorno ad un unico leader, ma poi erano tutti divisi nella gestione interna ognuno con la propria organizzazione.
    Noi in Lombardia ci siamo fatti un’idea secondo la quale le componenti che a Fiuggi hanno dato vita all’unico Partito dei Socialisti Democratici non debbano trasformarsi in correnti, né tantomeno pensiamo che chiunque venga d’ora in avanti ad aggiungersi alle nostre fila debba organizzare un piccolo gruppo o una piccola componente per autotutelarsi.
    Abbiamo bisogno di un’unità vera, fondata su un dibattito costruttivo ed aperto sulle grandi come sulle piccole questioni.
    Un dibattito senza secondi fini ed animato da un vero senso del partito.
    Abbiamo bisogno che tra i compagni prevalga il principio della solidarietà e si abbia il senso della responsabilità non divagando in cose inutili e non perdendo tempo in cose di poco conto.
    Per questo penso, come sempre, che il gruppo dirigente abbia prima dei doveri che dei diritti e tra tutti il dovere di garantire uno sviluppo lineare e costruttivo alla nostra iniziativa.
    Noi desideriamo un partito forte al centro e forte in periferia, un partito di tipo federativo che alimenta il centro di tutte le potenzialità di cui sono capaci le diverse realtà locali.
    Un partito fortemente articolato con strutture organizzative differenziate e differenti in rapporto alle diverse realtà.
    Un partito che non si autoreferenzia su un gruppo dirigente che è nazionale solo perché abita a Roma.
    Un partito anzi che fa di ogni realtà regionale una grande ed importante realtà nazionale.
    Un partito moderno, laico e laicizzato, non burocratico, permeabile a tutti i contributi ed alle idee migliori delle donne e degli uomini.
    Un partito vero, né di celluloide né parlamentare, un partito del socialismo europeo, non un ex partito socialista, come ci sono i partiti degli ex comunisti, degli ex fascisti, degli ex democristiani.
    Io penso che non dobbiamo né ricostruire il vecchio PSI, né costruire a priori e per forza qualcosa di diverso dal vecchio PSI.
    Un partito di proposta magari un passo avanti rispetto ad altri, così come lo siamo stati spesso in passato (anche se per questo accusati), sul terreno del riformismo, sul tema della grande riforma e sulle innovazioni di politiche economiche e sociali.
    Il Comitato regionale che eleggeremo domani avrà il compito di dare al partito questa organizzazione, definendo dopo una discussione approfondita la natura e la struttura degli organi esecutivi.
    Sul piano politico la vera sfida è costruire anche dalla Lombardia un partito dei socialisti di oggi e rendere credibile nel paese un soggetto politico in grado di rispondere alla crisi che ha colpito la maggioranza dei partiti italiani.

    5.La democrazia senza partiti.
    I sintomi di questa crisi erano già presenti prima del 1993, ma adesso con il battage pubblicitario, demagogico e populista, antipartitico di chi pensa possibile una democrazia senza partiti si è cercato di fare in modo che il virus contagiasse la maggioranza degli italiani.
    Per la verità con il risultato del referendum del 18 aprile i sostenitori di questa tesi hanno preso una bella sberla.
    Prodi, Fini, Veltroni e Di Pietro volevano la vittoria plebiscitaria e hanno raccolto una sonora sconfitta.
    L’opinione pubblica ha apprezzato la nostra posizione e le dichiarazioni a caldo di Enrico Boselli.
    Abbiamo dimostrato nel caso avessero vinto i si, non solo di essere un partito coerente, ma anche di saper rispettare il volere degli elettori.
    Ma visto che il si non ha vinto, adesso si può prendere il progetto di legge Amato e buttarlo nel cestino, insieme alla propsta del doppio turno di collegio.
    Ma non sottovalutiamo il problema.
    C’è chi pensa, ma non ha il coraggio di dirlo, che è meglio far fuori i partiti così la democrazia la si può far fuori più in fretta.
    Noi ci ricostruiamo anche per combattere questa malattia che non risparmierebbe nessuna forza politica e che ha come primo fenomeno la disaffezione degli Italiani al voto.
    La riduzione del numero dei votanti può essere considerata in una certa misura fisiologica di una democrazia matura.
    Ma oltre certi limiti l’astensione diventa rifiuto della rappresentanza politica ed il passo verso il rifiuto delle istituzioni e delle regole della democrazia può diventare breve.
    I partiti, e quindi anche il nostro, non devono sottovalutare il fenomeno, soprattutto se si considera che i modelli di partecipazione dei cittadini non sono complessivamente diminuiti, ma si sono rivolti altrove, sono andati in altre direzioni, non è diminuito l’impegno civile complessivo, è aumentata l’area del volontariato laico e cattolico, l’attenzione verso alcuni importanti temi sociali per fortuna non diminuisce.
    Ma perché mai alla crisi della politica bisognerebbe dare risposte populistiche anziché costruttive?
    Noi diffidiamo dei partiti, come Forza Italia, che dichiarano “noi siamo vicini a quelli che sono stufi”.
    Noi diffidiamo dei partiti, come Alleanza Nazionale che si dichiarano qualunquisticamente come “partiti vicini alla gente”.
    Noi diffidiamo dei partiti che pur dichiarandosi democratici ( e chi in Italia ha il coraggio di dichiararsi non democratico?) considerano i partiti un vecchio retaggio del passato e nello stesso tempo danno vita ad ennesimi generici partiti della gente, naturalmente di centro né di destra né di sinistra .
    Naturalmente nessuno di loro ha il coraggio di spiegarci qual è secondo loro la democrazia senza partiti.
    Nessuno di loro ha il coraggio di dire che un paese senza partiti è un paese senza democrazia.
    Non c’è nessun paese in Europa che non abbia i partiti, ma loro dicono di voler andare in Europa.
    Un paese senza partiti è un paese in mano alle corporazioni, ai poteri forti, militari giudiziari o economici, in mano alle lobbies, ai localismi e agli individualismi .
    Di fronte alla crisi dei partiti la nostra attuale debolezza può trasformarsi persino in uno straordinario punto di forza.
    Avere una tradizione e valori certi, riconosciuti e riconoscibili comunque dalla maggioranza degli Italiani consente di avere una potenzialità di consenso enorme e consente di candidarsi ad essere il partito della verità in grado di intercettare nuove esigenze e bisogni nuovi.

    6.La verifica con gli elettori – il prossimo 13 giugno
    A partire dal prossimo 13 giugno dobbiamo intercettare il consenso degli elettori.
    Per il nostro partito quel giorno rappresenta un importantissimo test elettorale.
    In tutti i comuni al di sopra dei 15000 abitanti nei quali si andrà a votare con il sistema proporzionale (salvo pochissime eccezioni) presenteremo liste dello SDI all’interno di coalizioni di centro sinistra
    In tutte le sette provincie della Lombardia nelle quali si voterà presenteremo liste dello SDI all’interno di coalizioni di centro sinistra.
    Negli altri 1150 comuni i nostri iscritti faranno parte di liste civiche e si misureranno per ritornare a garantire una presenza diffusa di socialisti nei consigli comunali della nostra regione.
    Come ho già detto, dalla grande esperienza amministrativa dei socialisti nei comuni nacque il primo partito socialista e si radicò la cultura riformista.

    Attualmente la nostra presenza nelle istituzioni locali è ancora modesta.
    Ma se le prossime competizioni elettorali dovessero confermare il trend delle elezioni del maggio e del novembre scorso, potremo contare su molti amministratori e su una percentuale di consensi che a livello comunale potrebbe facilmente aggirarsi mediamente intorno al 5-6%.
    Non saremo più, a quel punto, un piccolo partito e la stampa dovrebbe prendere atto che solo 5 o 6 partiti, forse meno, avranno in Lombardia una percentuale superiore alla nostra.
    Nessuno potrà più considerarci un partito inesistente.

    In tutta l’Europa il 13 giugno sartà anche il giorno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.
    Queste sono elezioni politiche con un grandissimo significato interno ed uno altrettanto importante sul piano internazionale.
    Le elezioni europee si tengono con il sistema proporzionale puro perchè in Europa il sistema proporzionale è un valore e non un nemico da combattere.
    In tutta Europa i Parlamenti sono eletti con sistemi proporzionali più o meno corretti ad eccezione della Francia e dell’Inghilterra che stanno per rivedere i loro sistemi maggioritari.
    Le elezioni europee ci consentiranno per la prima volta di misurare il nostro consenso reale presso gli elettori e siccome dal giorno dopo ci misureranno sulla base di quel risultato dovremo dare il meglio di noi stessi.
    Abbiamo l’obiettivo di recuperare una parte dei nostri elettori ed in particolare quelli che in questi anni si sono astenuti e quelli che dal 1994 in poi hanno votato Forza Italia.
    Per riprenderci quei voti, non occorre rincorrere la destra, occorre essere socialisti, con le nostre idee, con i nostri programmi, non consentendo agli altri con ambiguità di fare i socialisti in un partito che con noi non c’entra proprio nulla.
    Per questo le europee rappresentano per noi un impegno eccezionale.
    Per raddoppiare i voti del 1994.
    Per eleggere un certo numero di deputati e per avere tra questi nuovamente un rappresentante della circoscrizione del nord ovest.
    Molti segni ci dicono che con buona volontà e con grandissimo lavoro questi obiettivi potranno essere raggiunti.

    7.Il partito del socialismo europeo, il progetto e la proposta politica.
    Dalla Lombardia potrà venire certamente un contributo significativo al perfezionamento delle proposte politiche e programmatiche per l’Europa.
    E se da un lato il manifesto firmato a Milano da tutti i leader del socialismo europeo ci impegna in una battaglia elettorale nella quale è facile riconoscersi, dall’altro, dal partito dei Socialisti Democratici Italiani potranno venire tutte le integrazioni necessarie.
    Anche con l’impegno e con l’aiuto dei nostri deputati europei potremo dare all’Italia un partito del socialismo europeo più forte e rappresentativo, quello che ha le sue radici nella tradizione del Socialismo libertario e della democrazia, non quello degli excomunisti, dei postcomunisti o dei neocomunisti.
    Loro potranno farne parte, ma non potranno rappresentare le nostre radici a meno di condannare il socialismo italiano ad essere eternamente minoritario.
    Costruiremo questo partito dal basso, come abbiamo iniziato a farlo in questi mesi, lavorando nelle nostre città e nelle nostre regioni, coinvolgendo tutti coloro che lo vorranno, forze intellettuali e culturali, le università, le imprese, le organizzazioni dei lavoratori, le organizzazioni dei lavoratori autonomi, i professionisti e tutti coloro che con le proprie forze e i propri punti di vista vorranno sostenere questo nostro obiettivo.
    Quando a Fiuggi abbiamo riunito le forze socialiste disponibili, non l’abbiamo fatto per dar vita all’ennesimo partito, per vivacchiare nell’attuale sistema politico, nell’arcipelago galleggiante delle oltre 40 formazioni politiche che il bipolarismo e il maggioritario ci hanno regalato.
    La maggioranza di noi lo ha fatto per un disegno molto, ma molto più ambizioso:
    costruire un grande partito socialista italiano unito ed autonomo.
    Riorganizzare una forza socialista per rafforzare, contro la destra, una sinistra italiana mai così debole e divisa come in questo momento.
    Fortemente in crisi sul piano dei consensi elettorali, senza un progetto e senza una identità precisa.
    Costruire una forza socialista per dar vita nel nostro paese ad una sinistra per la libertà, contro l’anacronistico binomio italiano che sinistra dal 1993 in poi sinistra vuol dire giustizialismo.
    Costruire un partito socialista per far fronte ad una crisi della sinistra raffigurata contemporaneamente dal fallimento del comunismo ma dall’esistenza dei comunisti, dalla morte del comunismo internazionale (come sostengono i politologi) ma dalla presenza dei comunisti, oggi al governo, nelle istituzioni nel nostro come in altri paesi europei.

    Infine, costruire o ricostruire un partito socialista nel nostro paese per riprendere il filo di un percorso interrotto, quello dell´unità socialista, che avrebbe dovuto con la caduta del muro di Berlino, fallite le ragioni della scissione del partito socialista del 1921, riportare nelle nostre fila tutti coloro che avevano sbagliato.

    Affrontare oggi le questioni della sinistra non significa semplificare o banalizzare i problemi.
    Le divisioni non si potevano risolvere né con la cosa 2, né con la cosa 3, né riproponendo astrattamente il tema del partito unico della sinistra.
    Il problema è un altro: esso riguarda la nostra capacità di riproporre la questione socialista insieme a quella comunista.
    Che detto in altro modo significa rispondere a due domande.
    Perché nel nostro paese non debba esistere, non debba avere consenso, ruolo e rappresentanza il partito del socialismo democratico e perché mai certa cultura comunista possa e debba sopravvivere al comunismo.

    Vinceremo la nostra battaglia anche fra gli elettori, se con chiarezza avremo il coraggio di affrontare le cose per come sono e non per come le vorrebbero far credere.
    Il problema in Italia è uno solo: è come essere più europei anche dal punto di vista socialista.
    Noi non potremo mai accettare, e non l’accetteremo, che la questione socialista si identifichi con la scomparsa dei socialisti.

    Ma soprattutto non possiamo assistere alla crisi della sinistra e del socialismo italiano con i comunisti e i cattolici che vorrebbero portare la sinistra democratica, di cui in qualche modo si sono impossessati, sempre più fuori strada, fuori dal suo alveo ideale, che si identifica con il socialismo liberale, riformista, laico e garantista.
    Non accettiamo che il socialismo in Italia sia sostituito alla buona dal cattocomunismo, come fase evoluta del compromesso storico.
    Non accettiamo che in Europa si confondano le acque fino al punto che D’Alema non sia più figlio della sua storia, ma della nostra, che Prodi sia di sinistra o socialista, che Di Pietro sia di sinistra insieme al pool di Mani Pulite, a Rosi Bindi, a Ciampi e molti altri.
    Il socialismo che vogliamo, come ha opportunamente sostenuto l’Ufficio di Presidenza del partito qualche mese fa, ha come punti di riferimento della propria iniziativa politica il laicismo, il riformismo ed il garantismo.
    Su questi binari si definiscono le proposte politiche, il Progetto ed il Programma.
    Intorno ai valori della libertà, diritto totale ed irrinunciabile, costruiremo la nostra identità e cercheremo di garantire, così come è stato in passato alla sinistra di essere sinistra.
    Intorno al laicismo, al riformismo e al garantismo il partito del Socialismo europeo in Italia potrà ancora rappresentare la maggioranza degli italiani, senza bisogno di imbrogli e truffe elettorali, senza maggioritari e premi di maggioranza, ma nel senso più politico del termine.

    Più volte in questi mesi abbiamo citato in proposito Felipe Gonzales. Gonzales ha spiegato recentemente cosa si deve intendere per vocazione maggioritaria dei partiti del socialismo europeo.
    Si tratta di intercettare la maggioranza dei cittadini, i loro bisogni, capire e risolvere i disagi, che attraversano categorie tra loro diverse, il dramma del disoccupato, il disagio di chi è occupato male, il malessere di chi potrebbe perdere il posto di lavoro, ma anche il disagio e il malessere di molti professionisti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori non parassitari che vengono spinti più a disinvestire che ad investire, più ad esportare che a lavorare a casa propria.
    E’ il disagio dei giovani, delle persone di mezze età e dei più anziani.
    E’ il disagio di chi vorrebbe una formazione più adeguata ed una scuola pubblica migliore ma non la trova.
    I disagi esistenti nel mondo del lavoro, tra i lavoratori dipendenti che possono perdere il lavoro e i disagi e le incertezze esistenti tra i lavoratori autonomi.

    E’ il disagio e il dramma di chi ha bisogno di una sanità e di una assistenza spesso ingiusta, non efficace in molte strutture sanitarie, iniqua nei confronti degli anziani e dei malati più gravi, iniqua persino nel prontuario farmaceutico che in modo anacronistico non consente in molti casi la gratuità dei farmaci a chi ne ha più bisogno.
    Si tratta di intercettare la maggioranza degli italiani sul terreno delle grandi riforme, a partire da quelle istituzionali e costituzionali.
    Sono fallite 3 commissioni bicamerali, due parlamenti sono stati eletti nel 1994 e nel 1996 con questa priorità, ma ciò che oggi passa il convento è purtroppo il peggio.
    Leggi e leggine, comprese le famose (anche se pochissimo conosciute) leggi Bassanini, hanno peggiorato nettamente il quadro e stanno letteralmente distruggendo la rete democratica delle autonomie locali.
    Si tratta di intercettare la maggioranza degli italiani che vogliono un’Europa più capace e politicamente più forte, un’Europa più solidale cioè più socialista, più libera e più liberale nella quale insieme alle monete possano circolare persone, cose, idee ed intraprese, ma anche un’Europa che per essere più liberale deve rimuovere una eccessiva pressione fiscale.
    E dentro l’Europa in particolare un’Italia con meno tasse.
    Intercettare la maggioranza degli Italiani che vogliono uno Stato meno burocratico e meno centralista, ed hanno capito che il federalismo migliore non quello delle super regioni o della Padania contrapposta a tutto il resto, ma è quello che passa attraverso regioni riformate e soprattutto dai Comuni, con delle provincie meno inutili di quelle attuali.
    Il nostro modello federalista ha come punto di forza il ruolo delle Regioni, ma soprattutto il ruolo dei Comuni, di tutti i Comuni, non solo di quelli grandi. Per questo non siamo dalla parte del partito dei sindaci che vogliono diventare governatori delle città metropolitane, a Milano come a Napoli, a Roma come a Catania.
    E siamo contro le città metropolitane come nuove istituzioni che eserciterebbero il loro potere contro i comuni più piccoli.

    Per essere maggioritari si tratta di intercettare la maggioranza dei cittadini non avendo paura di affrontare in modo nuovo il tema della criminalità e della sicurezza personale degli individui.
    Si tratta di intercettare la maggioranza dei cittadini sul terreno dei diritti civili, della difesa senza riserve dello stato di diritto, oggi sempre più compromesso.
    Si tratta di difendere il pluralismo delle libertà politiche e culturali, il rispetto degli individui, delle loro vite, delle loro diversità, ma anche delle libertà economiche e della libera iniziativa.

    8. Il progetto socialista
    Il documento che ho preparato come base per la discussione congressuale e che è stato distribuito con il titolo “Argomenti per la discussione” mi consente di non andare oltre.
    Aggiungo solo due questioni.
    Per intercettare la maggioranza dei cittadini occorre darsi un Progetto, pari a quello che ci demmo per la preparazione del primo centro sinistra e pari a quello che si diede il Partito nel 1978.
    Intorno a quel progetto si avvio’ la modernizzazione del paese e della sinistra italiana.
    Nelle nostre analisi non possiamo confondere gli effetti con le cause dei fenomeni e per intercettare in senso maggioritario l’interesse dei cittadini dobbiamo darci e definire un progetto di società.
    Un progetto come strumento per confrontarsi con l’elettorato e le altre forze politiche, per ritrovare i confini storici dei socialisti, per ricandidarsi ed essere il punto di snodo tra tradizione e trasformazione.

    9.Un progetto riformista per la Lombardia
    Insieme ad un progetto socialista dobbiamo dotarci entro breve tempo di un progetto riformista per la Lombardia.
    Per preparare le elezioni regionali dell’anno prossimo e per consentire alla Sinistra milanese e lombarda di uscire dal grigiore, dal tatticismo, sostanzialmente dall’inesistenza.

    Un progetto per mettere la Lombardia tra i protagonisti attivi della riforma più generale dello Stato e candidare la Lombardia e la sua futura classe politica ad un governo meno dipendente dal centro, più autorevole per lo sviluppo democratico dell’intero paese.
    Il progetto riformista si contrappone alla cultura esclusivamente liberista del Polo, a quella secessionista e separatista della Lega a quella ancora troppo centralista e statalista di buona parte della sinistra.
    Un progetto per rilanciare l’intera sinistra, per prepararci alle elezioni regionali del prossimo anno e di impedire il successo del Polo e di Formigoni.
    Il progetto per portare non tanto la Lombardia in Europa ma soprattutto l’Europa in Lombardia e per ridare a Milano lo spazio che si merita.
    In questa città morta da molti anni, c’è comunque voglia di fare, anche se non c’è strategia, non c’è disegno e non si vede da Palazzo Marino altra logica che privatizzare e ad abbandonare tante aziende che i cittadini milanesi hanno contribuito a costruire.
    Nei giorni scorsi ho proposto ad Enrico Boselli di aprire a Milano, subito dopo le elezioni europee, la sede nazionale dell’Ufficio Internazionale del nostro partito.
    E’ un modo concreto per decentrare il partito ed organizzarlo in modo nuovo su tutto il territorio nazionale.
    Mi sembra giusto che la Lombardia, utilizzando la disponibilità di molti compagni (Luigi Vertemati, Mario Dido’, Carlo Tognoli) si candidi ad essere il punto di snodo delle questioni internazionali ed europee.
    Vogliamo proporre idee nuove, perché così l’Europa non basta e il Governo del Paese non ci soddisfa.

    10. La situazione politica
    Il 13 giugno chiederemo più consensi per migliorare lo stato delle cose, per portare dentro una situazione politica che confusa è dir poco, una voce di verità, contro la falsificazione della storia.
    I fatti dimostrano che negli ultimi anni non abbiamo sbagliato a stare contro corrente, purtroppo molte volte da soli contro tutti, contro il parere delle altre forze politiche e della stampa.
    Le posizioni che abbiamo sostenuto confermano che disponiamo di una certa lungimiranza e contemporaneamente dimostrano che abbiamo la testa sulle spalle e sappiamo assumerci le nostre responsabilità.
    Non ci siamo alleati al coro dei luoghi comuni e delle banalità.
    - Avevamo messo in guardia circa il pericolo di una rivoluzione italiana condotta manu militari dalla magistratura, utile non a fare giustizia, ma a spazzare via alcune forze politiche.
    E i risultati disastrosi sono di fronte a tutti.
    - Abbiamo fatto bene a difendere la storia gloriosa del PSI, a denunciare come ingiusta la criminalizzazione di un solo partito e di tutti i militanti socialisti.
    Con la nostra presenza abbiamo evitato che la nostra tradizione andasse persa.
    - Abbiamo fatto bene a rispondere con un secco no alle lusinghe ed alle intimidazioni del bipolarismo e del maggioritario.
    - Avevamo pronosticato l’insufficienza dell’esperienza dell’Ulivo al quale peraltro non abbiamo mai giustamente aderito.
    - Non abbiamo aderito alla bizzarra idea di candidare Di Pietro nel Collegio del Mugello,
    avevamo pronosticato che sarebbe stato per la sinistra più un problema che un buon acquisto ed abbiamo fatto assolutamente bene a votare insieme a Rifondazione Comunista un altro candidato.
    - Avevamo espresso l’opportunità delle elezione diretta di un’Assemblea costituente anziché la nomina di una Commissione Bicamerale.
    - Abbiamo chiesto la nomina di una Commissione di inchiesta sui fatti di Tangentopoli, e lo richiederemo.
    - Abbiamo presentato un progetto di legge basato sul ripristino del sistema proporzionale corretto da una quota di sbarramento che oggi sosterremo più che mai, cercando ogni alleanza possibile in Parlamento.
    - Abbiamo detto no al finanziamento della scuola privata.
    - Abbiamo ottenuto che si cominciassero a diminuire le tasse sulla prima casa e non mi sembra che abbiamo sbagliato per nulla.
    Questa ha rinsaldato la nostro visibilità. Ha rafforzato la nostra identità e non ha minimamente compromesso la nostra collocazione.
    Siamo un partito di sinistra, che nei governi di coalizione sta a sinistra, ma l’alleanza di centro sinistra non è una camicia di forza nè a Roma, nè a Milano, nè in Lombardia.
    E’ per certi versi un’alleanza da rifondare se vogliamo che abbia in futuro una prospettiva più ampia.
    E’ una alleanza da rifondare sia nella prospettiva del governo delle istituzioni, sia nei casi in cui la coalizione è costretta ad un ruolo di opposizione.
    Ma per rilanciarla c’è bisogno della politica; si discuta, si litighi se necessario, ma nel centro sinistra si faccia politica e non si costringa a vivere immersi in una situazione vischiosa, spesse volte senza slanci, senza progetti forti, senza coraggio.
    Il dilagare dei sindaci e dei presidenti dell’ultima generazione dei governi di centro sinistra – cioè dell’Ulivo – così come sono, non possono portare bene al rilancio della coalizione.
    Occorre introdurre dei momenti di discontinuità, per rendere credibili le nuove alleanze e nessuno si deve scandalizzare se chiediamo rispetto per noi stessi e rinnovamento.
    Bisogna anche essere chiari, il centro sinistra non è stato in questi ultimi anni esente da logiche di potere, non è stata esente da vizi e da gravi errori di gestione e questi limiti non sono assolutamente ascrivibili alla responsabilità dei socialisti.
    Per questo bisogna chiudere questa fase ed aprirne una nuova.

    Noi socialisti siamo armati di buona volontà, ma non penso assolutamente che i rapporti nel centro sinistra possono rimanere quelli che sono sia a livello nazionale sia a livello locale.
    E più in fretta cambieranno, più in fretta miglioreranno i rapporti a sinistra.

    11. La pace
    Il nostro Congresso non può non dedicare uno spazio al tema oggi in assoluto più importante. Mi riferisco alla guerra dei Balcani.
    I socialisti non possono stare dalla parte della guerra e da sempre stanno con il cuore dalla parte della pace.
    Poi, come in questo caso, con la ragione correggono il tiro e stanno dalla parte dei più deboli contro una guerra che non è iniziata qualche settimana fa, ma era già in corso da molti anni, guerra iniziata da Milosevic con l’obiettivo di eliminare gli albanesi del Kosovo, per la distruzione di un intero popolo.
    Un nostro compagno Demetrio Patitucci, oggi portavoce in Italia del Governo democratico del Kosovo in esilio, al quale ho chiesto di partecipare al nostro Congresso e che oggi ci porteà un saluto insieme a Diamant Abrashi, portavoce del Governo democratico del Kosovo per la Svizzera, nel 1992 denunciava che sarebbe successo ciò che oggi sta accadendo e denunciava nel 1992 al Corriere della Sera l’insensibilità del nostro Paese e delle istituzioni lombarde e milanesi di fronte ad una guerra che stava per iniziare.
    Questa guerra, per come si sta sviluppando, per la gravità del conflitto, per i drammi che sta determinando sia nel popolo kossovaro che in quello serbo, deve finire.
    Per questo dobbiamo sostenere ogni iniziativa diplomatica che consenta di porre fine al più presto a questo conflitto.
    I socialisti si devono impegnare a tutti i livelli perchè sia riportata la pace nei Balcani, riconoscendo l’autonomia e l’indipendenza del Kosovo attraverso la creazione di una repubblica federata come chiede da 10 anni l’esponente moderato Ibrahim Rugova, oggi ostaggio dei serbi, che noi vorremmo vedere presto libero.
    Si tratta a livello internazionale di emarginare sul piano politico le iniziative criminali di Milosevich contro il pericolo che queste iniziative si estendano e coinvolgono altri territori.
    Sul piano politico non possiamo però tacere le debolezze dell’Europa, né possiamo dimenticare una vecchia convinzione: quella che ci ha sempre consentito di stare dentro l’Alleanza atlantica senza subire le iniziative del paese più forte. Gli Stati Uniti d’America dentro questa Alleanza non possono decidere da soli, né è credibile che possano svolgere contemporaneamente il ruolo di gendarmi del mondo e i garanti delle azioni umanitarie
    Purtroppo questa guerra non è la sola e di genocidi e di pulizie etniche è pieno il mondo.

    Un partito socialista non rinasce se non dimostra capacità di affrontare i problemi che sono anche oltre i nostri confini.
    I problemi dei popoli in difficoltà sono anche problemi nostri.
    Nel mondo ci sono molti focolai di guerra e si commettono crimni contro popoli e minoranze.
    Così come siamo per la pace del Kosovo siamo perché finiscano le guerre locali in Messico, in Bosnia, in Colombia, in Sierra Leone, in Liberia, in Costa d’Avorio, in Algeria, a Cipro, in Turchia, in Angola, in Congo, in Burundi, in Uganda, in Etiopia, in Suda, in India, in Pakistan, in Birmania, in Tailandia, in Nepal, in Afganistan, in Palestina, in Iraq, in Iran ed in altri ancora.

    12. Conclusioni
    Queste ragioni ci richiamano ad un vero e sano internazionalismo socialista.
    Per queste ragioni ci chiamiamo socialisti e chiediamo a tutti i socialisti di stare con i socialisti.

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