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  • 24 luglio 2012 - Intervento nella seduta consiliare del 24 luglio 2012 sulla deliberazione di iniziativa consiliare relativa al riconoscimento delle unioni civili.

    Il Presidente Rizzo dà la parola al consigliere Biscardini.
    Il consigliere Biscardini così interviene:

    “Grazie Presidente. Cercherò di essere sufficientemente breve per consentire ad altri Consiglieri di intervenire, in questo dibattito assolutamente interessante, ricco di spunti che provengono dalle diverse parti politiche di questo Consiglio Comunale.
    Cercherò di dire sulla concretezza di questa delibera solo più avanti perché sono convinto che sarebbe sbagliato se questo Consiglio Comunale si dividesse tra coloro che sono a favore perché ritengono la delibera molto concreta e con significativi risvolti pratici e coloro che si astengono o che voteranno contro perché ritengono che questa delibera non serva a nulla, è inefficace ed inutile. Un atteggiamento sbagliato, assolutamente non rispettoso dei lavori di questa Aula e del lavoro fatto fin qui.
    Il tema principale è un altro. Penso che ciascuno di noi debba avere il coraggio di dire perché questa delibera è assolutamente importante. Io, per esempio, ritengo questa delibera importante perché fondamentale sul piano politico. Quindi parto proprio da questo punto di vista, il più lontano rispetto ad altri interventi che ho sentito, ricordando da socialista che, in questa Aula, nel 1905 Filippo Turati presentò una mozione, la Giunta allora era la Giunta Ponti, per sostenere il divieto all’insegnamento della religione nelle scuole di questa Città. Perché si poneva questo problema a Milano?
    Perché il Governo Giolitti, incapace o senza volontà di decidere se la religione fosse da insegnarsi in tutto il territorio nazionale, decise che ogni Comune avrebbe fatto da se. E’ un po’ quello che sta avvenendo nel nostro Paese sulle coppie di fatto. Il Parlamento non decide, la politica non si esprime e il governo lascia ogni comune in balia di se stesso ad affrontare una questione così importante e di dimensioni, com’è stato ricordato, istituzionali più grandi delle prerogative dei comuni. Turati, da buon socialista, anche con una certa ironia, presentò questa mozione e spiegò perché non bisognava insegnare la religione nelle scuole della nostra città, citando, io non ho tempo per leggervi l’intervento di Turati per intero, citando il catechismo, che secondo lui avrebbe potuto creare confusione nell’animo e nelle coscienze nei nostri giovani cittadini milanesi. Come si fa, diceva Turati, ad insegnare che la figura è una e trina, che la mamma ha fatto il bambino, ma il papà non c’era. Una confusione tale che secondo Turati avrebbe potuto turbare le coscienze dei giovani. Ecco un pezzo esatto della sua ironica citazione: “Aprite un capitolo qualunque e sentite che cosa s’insegna dopo aver fatto imparare il segno della croce. S’insegna che le tre persone sono una sola, sono distinte ma confuse, sono quindi tre ma una sola; una ha generato l’altra, ma viceversa l’altra esisteva contemporaneamente anche prima, perché essendo eterna nessuna fu prima dell’altra, perché sono uguali, diverse, successive, confuse contemporanee. E questa cabala la trovate per duecento pagine di seguito. Io non voglio offendere il sentimento di nessuno ma dite: potete dare questo libro ai bambini? E mandare nella loro testa una quantità di cose che non capiscono e che non servono a nulla?”.-
    Naturalmente tutto il dibattito lo riporto alla questione politica, perché anche Turati, utilizzò il Consiglio Comunale di Milano per affrontare una questione che era totalmente nazionale.
    Ho fatto questo riferimento, perché noi socialisti sappiamo che in Parlamento le questioni irrisolte, sono il riconoscimento delle coppie di fatto, che voglio ricordare è soprattutto un problema delle coppie eterosessuali, non delle coppie omosessuali, anche numericamente, e c’è il problema dei matrimoni gay. Poi per la verità c’è anche un problema più modesto, vergognosamente in ritardo, che riguarda il problema del divorzio breve, ma che adesso non voglio affrontare.
    Perché è incapace il Parlamento di legiferare su queste materie? Perché ha sempre cercato di trovare mediazioni praticamente impossibili o meglio, non ha fatto, come è stato ricordato da qualche consigliere, ciò che successe negli anni settanta, quando pur con una forte presenza della Democrazia Cristiana, la Democrazia Cristiana, che riusciva ad essere partito cattolico e laico contemporaneamente, accettò di mettersi nelle mani del Parlamento, riservandosi poi, come ha fatto, di promuovere dei referendum abrogativi e, lo dico a Gallera che ha fatto questo riferimento, non è stato il popolo a volere il divorzio e l’aborto, è stato il Parlamento. Semmai una parte di cittadini è intervenuta per abrogare quei provvedimenti e il popolo votando contro quei referendum ha confermato la legge votata dal Parlamento.
    Quella storia, è quindi la storia di un Parlamento che sapeva interpretare la società, che di solito è sempre più avanti della politica. Così come oggi, fuori da quest’aula ci vedono come dei marziani a discutere di una questione nota a tutti e a tutti di fatto accettata. Le coppie di fatto non sono regolamentate, ma ci sono.
    Milano è la capitale dei single, che single non sono, sono tutti in coppia, ma sono costretti a dichiararsi single, perché le unioni civili non sono regolamentate. Quindi Milano è statisticamente la capitale dei single, ma contemporaneamente è la capitale delle coppie di fatto, non riconosciute ne’ da noi ne’ dal Parlamento.
    Da questo punto di vista dobbiamo dire con chiarezza alcune cose. Intanto, riteniamoci liberi di interpretare questa delibera come meglio crediamo. Io la interpreto nella direzione, naturalmente, per alcuni più estremista, per altri più convenzionale (per i miei amici omosessuali, convenzionale; per chi non è mio amico omosessuale, sarà più estremista) tutta politica.
    La interpreto nel senso della politica perché non c’è dubbio che il Comune di Milano, se assume questa delibera, come mi auguro avvenga, sta dando una lezione al Paese nella direzione del riconoscimento delle coppie di fatto, ed io dico anche nella direzione della regolamentazione del matrimonio omosessuale.
    È certamente politicamente uno stimolo al Parlamento e alla politica nazionale. Ed è uno stimolo perché Milano, che qualche volta ci piace dire città europea, sta sferzando il Parlamento e la politica ad essere anch’essa più europea, e non essere europea a ‘targhe alterne’, europea quando Monti va a Bruxelles e non europea sul terreno dei diritti. Milano sia sempre europea e ricordi che siamo circondati da paesi che le coppie di fatto e i matrimoni gay li hanno già regolamentati tutti. Siamo l’ultimo Paese occidentale e d’Europa che non ha fatto nulla in questa direzione.
    Ve lo voglio ricordare: hanno riconosciuto i matrimoni gay paesi cattolicissimi come i Paesi Bassi, la Spagna, il Belgio e il Portogallo. Riconoscono le coppie di fatto l’Austria, la Danimarca, la Finlandia, la Francia, la Germania della Merkel, la Svizzera, il Regno Unito, l’Ungheria, ed altri ancora. Israele, che mi piace ricordare perché è un caso particolare, non avendo nell’ordinamento i matrimoni civili ma solo quelli religiosi, ha inventato una soluzione, secondo me eccezionale, laica, pratica e pragmatica che consente di riconoscere i matrimoni gay contratti fuori dal proprio Paese.
    Siamo quindi circondati da Paesi civili, e noi purtroppo siamo in mezzo a loro come un paese arretrato. Questo è il problema di fondo. La nostra arretratezza arriva a livelli abissali, e quindi parto da questo aspetto per dire che bisogna assolutamente affrontare la questione senza paura, come un fatto politico. E mi permetto un’ultima considerazione.
    Ho verificato esserci, anche in quest’Aula, una grande attenzione di esponenti di destra, di centro e di sinistra, laici e non laici, tutti preoccupati di non disturbare la suscettibilità del mondo cattolico, della Chiesa e della Curia. Io mi sono posto un problema: ma chi si mette a difendere la mia suscettibilità? La suscettibilità di un laico? ”

    (Applausi)

    Il consigliere Biscardini così interviene:

    “Non ho sentito voci, non ho sentito voci in questa direzione, mentre tutti noi, che siamo qui, dovremmo avere una voce sola, che è quella della difesa dello Stato laico, dell´istituzione, non di altre convinzioni o di altri convincimenti.
    E in questo senso va il documento dell´Arcigay che ci mette sull’avviso circa l’assurdità dell’appellarsi alla libertà di coscienza, perché la libertà di coscienza non può andare oltre gli impegni e i doveri che abbiamo nei confronti delle istituzioni nelle quali siamo chiamati ad operare. E l’istituzione nella quale siamo chiamati ad operare è lo Stato, con tutta la laicità e con tutta la separazione che ciò implica rispetto ai principi religiosi.
    Sempre sulla Chiesa. Non lo cito anche perché sarebbe troppo lungo, ma Zagrebelsky, che non è un personalità che sempre mi convince, che non dice sempre cose che condivido, nel suo ultimo libro ha fatto una considerazione che dovremmo fare nostra. Tutti indistintamente. Ha scritto che il conflitto fra Stato e Chiesa ci sarà sempre. Non è possibile andare sempre alla ricerca della mediazione fra lo Stato e la Chiesa, anzi, io dico, per fortuna che ci sarà sempre, perché il giorno in cui la Chiesa, mettendo le mani, non solo facendo dell’ingerenza, ma mettendo le mani anche bonariamente sulle questioni che riguardano la società civile, se dovesse essere sempre d’accordo con lo Stato, avremmo di fronte una Chiesa/Stato. E il giorno in cui lo Stato fosse d’accordo con la Chiesa, sempre, avremmo di fronte uno Stato/Chiesa.
    Vivaddio, quindi, la contraddizione e la contrapposizione fra lo Stato e la Chiesa, come salutare nell’interesse della società. Il conflitto fra queste due entità, nel rispetto reciproco, implica che la laicità e lo Stato laico riconosce la Chiesa, nella sua autonomia, anche quando esprime le sue legittime differenze rispetto alla cultura laica. Guai se la formula fosse quella di trasformare lo Stato in uno Stato/Chiesa , o la Chiesa in una Chiesa/Stato.
    Con questo spirito, quindi, esalterò, dopo la votazione di questa delibera, tutti i suoi valori politici. Anche estremizzandoli. Sostenendo con semplicità che il Comune di Milano ha assunto questa delibera perché lo Stato è in ritardo. Ha assunto questa delibera perché il Parlamento da anni ed anni, pur essendovi mille nostri progetti di legge depositati, non approva provvedimenti in questa direzione. Per non dare fastidio alla Chiesa. Perché il Comune di Milano vuole che lo Stato, come Milano, sia europeo e sia all’avanguardia. Perché vuole avviare – e questo lo dirò io, altri non saranno d’accordo – un percorso affinché siano riconosciute a livello nazionale le coppie di fatto e siano, in prospettiva, anche riconosciuti i matrimoni gay.
    Ultimissima considerazione. Non ho mai creduto, per mia esperienze, dopo aver girato il Paese per anni ad illustrare progetti di legge di questa natura, che il vero problema della Chiesa sia la contrapposizione con il matrimonio gay. La Chiesa sente una maggiore contrapposizione con il nodo delle coppie di fatto, proprio perché a maggioranza eterosessuali, e proprio perché la competizione col matrimonio sta tutta lì, non è nel mondo gay. Questo è il punto. Non lasciamoci sviare dalle apparenze e da cattive interpretazioni: la Chiesa non è particolarmente contro il matrimonio gay, ma lo usa come specchietto per le allodole per esercitare la sua contrapposizione con il riconoscimento delle coppie di fatto, perché, secondo lei, minano di più il matrimonio riconosciuto, sia dalla Costituzione sia come sacramento religioso.
    Quindi secondo una cultura ispirata alla tolleranza, dobbiamo essere comprensivi di tutti, ma andare avanti guardando in faccia alla realtà.
    Ho parlato troppo, e non volevo. Per quanto riguarda la concretezza, io sono convinto che questa delibera sarà concretissima e potrà avere importanti effetti pratici in ragione della capacità della Giunta e del Consiglio di riempirla via via di contenuti concreti.”
    (Applausi)
    Il Presidente Rizzo così interviene:
    “Grazie, consigliere Biscardini”.
    omissis

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